Ormisda, Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO SECONDO
 
 Spelonca consacrata a Mitra, cioè al Sole, deità de’ Persiani, illuminata dal fuoco, che arde sopra una grand’ara avanti il simulacro dello stesso Mitra, e da molte statue all’intorno, le quali sostentano facelle accese.
 
 SCENA PRIMA
 
 ORMISDA, PALMIRA, ARTENICE, COSROE, ARSACE, ERISMENO, MITRANE, coro di ministri di Mitra, satrapi, popoli, soldati persiani ed armeni, alcuni de’ quali portano rami di palme, ghirlande di alloro, bandiere, trofei d’armi, eccetera
 
 CORO
 
    Dio del giorno, alma del mondo,
 Mitra invitto,
 nostro nume e nostro re,
 
520   qual da selce il foco ha vita,
 vita un sasso a te pur diè.
 
 ORMISDA, COSROE, ERISMENO
 
    Sol per te cadde trafitto
 fier nimico al nostro piè.
 
 CORO
 
    Dio del giorno, alma del mondo,
525Mitra invitto,
 nostro nume e nostro re.
 
 PALMIRA, ARTENICE
 
    Qui tributa al tuo gran nume
 lauri e palme,
 puro ossequio ed umil fé. (Gittano sul fuoco rami di alloro e fasci di palme)
 
 ARSACE e MITRANE
 
530   Sacra fiamma il don consume
 e dia segno
 che l’omaggio è grato a te. (Facendo lo stesso)
 
 COSROE
 
    Spoglie guerriere
 di vinte schiere
535alla grand’ara
 appendo intorno. (Appende una bandiera militare ad un lato dell’ara)
 
 ARSACE
 
    Io quest’alloro
 pur ti consacro
 che d’ostro e d’oro
540risplende adorno. (Appende anch’egli ad un altro lato dell’ara una ricca corona d’alloro)
 
 CORO
 
    Dio del giorno, alma del mondo,
 Mitra invitto,
 nostro nume e nostro re,
 
    qual da selce il foco ha vita,
545vita un sasso a te pur diè. (Segue il ballo de’ ministri di Mitra, i quali poi partono, seguiti da Erismeno e da Mitrane)
 
 SCENA II
 
 ORMISDA, PALMIRA, ARTENICE, COSROE ed ARSACE
 
 ORMISDA
 Orché tutti al mio fianco
 siete, figli, consorte,
 regina, amici, popoli, soldati,
 il re Ormisda vi parla e qui vi parla
550re per l’ultima volta. (Si cava la corona di capo, tenendola poscia in mano)
 ARSACE
 (Che sarà mai?)
 PALMIRA
                                 (Taci, Palmira, e ascolta).
 ORMISDA
 Nume che sei di Ormisda e sei de’ Persi
 deità tutelar, genio sovrano,
 questo, che da più lustri
555cinsi al crine real, cerchio gemmato,
 ecco depongo all’ara tua. Natura
 mel diè. Virtù me lo difese. Or temo
 che in discordie sì rie mel serbi o tolga
 un crudel parricidio.
560Prevengasi il misfatto.
 Dio, che l’atto magnanimo m’inspiri,
 reggi la mente tu, reggi la voce
 di chi al partico impero
 sceglier dovrà l’erede; e fa’ ch’ei sia
565oracolo di pace, onde sia spenta
 ogni rissa, ogni sdegno
 nel mio cor, nel mio sangue e nel mio regno. (Si accosta all’ara e vi depone la corona)
 COSROE
 Ciò che mediti il padre, (Verso Palmira)
 non so. So che difesa
570sarà da me l’alta ragion del trono.
 PALMIRA
 Ei cede il regno e per Arsace io sono. (Verso Cosroe)
 ORMISDA
 Artenice, tu vedi
 senza re la corona.
 Ella da te lo attende. Un voto istesso
575a te darà lo sposo,
 alla Persia il monarca, a me la pace.
 Scegli qual più vorrai, Cosroe od Arsace.
 PALMIRA
 Arsace, il re tu sei. T’ama Artenice. (Ad Arsace)
 ARSACE
 Regina... (Ad Artenice)
 COSROE
                     Genitor... (Ad Ormisda)
 ARTENICE
                                         Sulle mie labbra,
580principi, non vi faccia
 né lusinga né tema amore o fasto.
 Virtù mi regge; e a te mi volgo, o sire.
 Odi più che civili
 fremon nel sangue tuo. Solo il rispetto
585li contiene in dover. Sciorranno il freno,
 se tu cedi il comando.
 In Ormisda la Persia
 abbia il suo re, Cosroe ed Arsace il padre;
 e perché sprone all’ire
590più Artenice non sia né metta in armi
 il fratel col fratel, col padre il figlio,
 prenderò al novo giorno
 ver l’Armenia il cammino. Ivi le leggi
 darò al popol vassallo; e là in riposo
595nel figlio erede attenderò Io sposo.
 ARSACE
 Deh! Qual crudel consiglio?
 ARTENICE
 Crudel ma necessario alla mia gloria.
 
    M’occupa il core
 la gloria mia.
600Fasto od amore
 nol vincerà.
 
    La mia fortezza
 non cederà
 né al genio altero
605della grandezza
 né al dolce impero
 della beltà.
 
 SCENA III
 
 ORMISDA, PALMIRA, ARSACE e COSROE
 
 ARSACE
 Signor, parte Artenice; e s’io la perdo,
 che mi cal di grandezza?
610Cosroe, prenditi il regno
 e lasciami quel cor.
 COSROE
                                      No. Son due beni
 che sgiunger non si ponno,
 scettro e Artenice. O miei saranno entrambi
 o entrambi tuoi; ma per averli è forza
615che di Cosroe non viva altro che il nome.
 PALMIRA
 Vedi, o signor, qual implacabil core!
 La bontà del fratello il fa più audace.
 ARSACE
 Cosroe è crudele e sfortunato Arsace.
 
    Padre, non curo il regno;
620madre, ho la vita a sdegno,
 senza la fida e bella
 anima del mio cor.
 
    Io non aspiro al trono. (Verso Cosroe)
 Suddito nacqui e il sono.
625Sol mi si lasci un bene
 che mio già fece amor.
 
 SCENA IV
 
 ORMISDA, PALMIRA e COSROE
 
 ORMISDA
 Dei! Che far deggio?
 COSROE
                                         Che? Riporti in fronte
 quella, di cui non sei
 arbitro ma custode, aurea corona.
630Ella non può caderne
 che non salga sul mio.
 Sinché Ormisda è monarca, io son vassallo;
 ma se il regno abbandoni, il re son io. (Ormisda ritorna all’ara e ne ripiglia la corona)
 PALMIRA
 Superbo! Ancor pretendi
635impor leggi?...
 ORMISDA
                              Si taccia.
 Abbastanza soffersi.
 Riedi sulle mie tempia,
 fatal diadema. Ormisda, (Rimettendosi la corona in capo)
 in avvenir non più marito e padre
640ma sol giudice e re, nulla più curi
 che l’onore del soglio.
 COSROE
 Sì. Giudice t’imploro e re ti voglio.
 Esecrabil delitto
 qui ti accingi a punir. Resta, o regina,
645e mi faccia ragione anche il tuo aspetto.
 PALMIRA
 Che dir vorrai?
 COSROE
                               Nulla, o regina, nulla.
 Io tacerò; ma parlerà Erismeno.
 PALMIRA
 Erismeno? Dal campo ei teco venne.
 COSROE
 E a lui poc’anzi favellò Palmira.
 PALMIRA
650Venga, venga Erismeno. Udrò sin dove
 giunga l’altrui perfidia.
 ORMISDA
                                             Eccomi al tanto
 mal fuggito periglio.
 (È rea la moglie od impostore il figlio).
 
 SCENA V
 
 ERISMENO e i suddetti
 
 ORMISDA
 Taccia ogni altro. Erismeno, a me rispondi.
655Non mentir. Non temer. Libero parla;
 e qualunque egli sia che a trama iniqua
 ti chiese opra o consiglio,
 più nol celar.
 ERISMENO
                           Qual fier comando? Ah! Resti,
 resti, o sire, un arcano in me sepolto
660che misero dee farti.
 ORMISDA
 Lo so: ma parlò Cosroe; e non v’ha scampo.
 ERISMENO
 O dio! Perché parlar? Perché a sì dura
 necessità costringer la mia fede? (Verso Cosroe)
 COSROE
 Ossequio e non pietà qui ti si chiede.
 ERISMENO
665(Turbar tutto mi sento
 dall’aspetto di Cosroe).
 PALMIRA
                                             E che più tardi?
 Tanto di mia reità dura il sospetto,
 quanto il silenzio tuo.
 ERISMENO
                                          Mio re, tu il vedi.
 Ambo affrettan l’accusa
670e in un sol v’è la colpa. Odila, o sire,
 ma solo e non in faccia
 all’attonite genti.
 Risparmiati un orror. Conosci il reo;
 e poscia a tuo voler punisci o assolvi.
 ORMISDA
675Seguimi. Ognun qui attenda. O re infelice! (Si ritira con Erismeno nel fondo della scena)
 
 SCENA VI
 
 PALMIRA e COSROE
 
 PALMIRA
 Prence, dell’impostura
 si dileguan già l’ombre.
 COSROE
 Tal ne esulta in sembianza e in cor ne trema.
 Vedi. Parla Erismeno. Il re lo ascolta.
 PALMIRA
680Parli. È il dover. Sol per sì illustre impresa
 fino dal Ponto ei t’ha seguito in Tauri.
 COSROE
 A chi tuoi detti attende,
 io parrò il seduttor.
 PALMIRA
                                      Vedrem fra poco
 chi ne avrà il dispiacer, chi la vergogna.
 COSROE
685Se tradito io non son, tu l’uno e l’altra.
 PALMIRA
 
    Spesso nel laccio istesso,
 che tende in altrui danno,
 cade l’ingannator.
 
 COSROE
 
    Spesso lo strale istesso,
690che andò a ferir tropp’alto,
 scende sul feritor.
 
 A DUE
 
    Lagnasi ma non giova.
 
 PALMIRA
 
 E in frutto del suo inganno...
 
 COSROE
 
 E in pro dell’ardimento...
 
 A DUE
 
695Riporta onta e dolor.
 
 SCENA VII
 
 ORMISDA, ERISMENO e i suddetti
 
 ORMISDA
 Stelle, a che mi serbaste?
 Qual delitto? Qual reo punir convienmi?
 Oh non padre, oh non sposo, oh re non fossi!
 Ma non s’abbia alla pena
700né riguardo né fren, con chi non l’ ebbe
 né all’offesa né al fallo.
 Adempiasi giustizia,
 del mio pianto anche a costo e del mio sangue.
 COSROE
 Tolgalo il ciel. Mi basta
705che tu sappia il delitto.
 Odio che tu il punisca.
 Grazia, o re, grazia, o padre.
 Vaglia a chi errò in difesa
 l’esser femmina e madre...
 ORMISDA
                                                   Ah scellerato!
710Accresce l’ire mie la tua impudenza.
 Chiedi grazia per te. Contra il tuo voto
 parlò il fido Erismeno.
 Innocente è Palmira. Il tuo furore
 le insidiò vita e gloria.
715Il perfido tu sei, tu il traditore.
 PALMIRA
 (Io già trionfo).
 COSROE
                                O cieli!
 Tradito io son. Re, sei deluso. Iniquo,
 che dir potesti?
 ERISMENO
                                Il vero.
 lo tacer lo volea. Tu m’hai costretto.
 COSROE
720La tua vita...
 ERISMENO
                          Lo so, non avrà scampo
 dall’ire tue. Prendila e questo acciaro
 ne fia ministro. Il riconosci? Io l’ebbi
 da te. Puoi tu negarlo?
 COSROE
 Pria da Palmira...
 ERISMENO
                                   Ed in qual uso l’ebbi?
725Inorridì al comando
 stupida l’alma. Il ricusai. Tu allora
 la regal donna ad accusar m’hai spinto
 del non suo fallo. Inevitabil morte
 m’era un altro rifiuto.
730Promise il mio timor, con qual de’ miei
 pensieri orror, voi lo scorgeste, o dei.
 ORMISDA
 Perfido! Che dir puoi? Già sei convinto.
 COSROE
 Signor, tutto è bugia, tutto impostura.
 Facciasi in rii tormenti
735quel perverso disdir.
 PALMIRA
                                         Perché punirlo?
 La sua sincerità sarà sua colpa?
 COSROE
 Sì tosto vieni in sua difesa? E tanto
 temi che in morte parli il suo rimorso?
 ORMISDA
 Non più. Guardie.
 COSROE
                                    Già intendo;
740mi si vuol reo. Prenditi il ferro. Oscura (Gitta la spada a’ piè di Ormisda)
 prigion mi tolga al giorno.
 Colà, regina, attenderò quel fato
 che uscirà dal tuo labbro a condannarmi.
 Al re tu dai le leggi
745coll’odio tuo. Serve il suo amor; ma temi
 che Cosroe in libertà non torni ancora.
 Forse da quel furor, che m’arde in seno,
 nulla te salveria né il tuo Erismeno.
 
    Leon feroce, che avvinto freme
750ma non si teme,
 se avvien che spezzi cancelli e nodi,
 i suoi custodi tremar farà.
 
    Quel fiero dente per monte e piano
 di brano in brano spargerà l’erbe;
755e sarà vano gridar pietà.
 
 SCENA VIII
 
 ORMISDA, PALMIRA ed ERISMENO
 
 ORMISDA
 Invan minacci. Ostane, a te il consegno; (Partono le guardie di Ormisda)
 non temerne, Erismeno.
 Fosti fedel. Colpa fuggisti ed onta.
 ERISMENO
 De’ mali, infamia e colpa è sol l’estremo.
760L’innocenza ho difesa e nulla temo, (Si parte)
 ORMISDA
 E tu più non lagnarti, o mia diletta.
 PALMIRA
 Giusti forse non sono i miei sospiri?
 ORMISDA
 Confusa è la calunnia e tu n’hai gloria.
 PALMIRA
 Un momento fui rea nel cor di Ormisda.
 ORMISDA
765Dopo il trionfo tuo più t’amo, o cara.
 PALMIRA
 Ma diviso è il tuo amore
 tra una moglie innocente e un empio figlio.
 ORMISDA
 Io più Cosroe amerei? Lui che mi offese
 nella parte miglior dell’alma mia?
 PALMIRA
770Ei le schiere lasciò; n’ebbe perdono.
 In me strinse l’acciar; tu noi credesti.
 M’insidiò; mi accusò; ne andrà impunito.
 Guai per me, se mio fosse
 de’ suoi falli il minor. Non troverei
775sì buon marito in te, com’ei buon padre.
 ORMISDA
 Prigionier tu il vedesti e cieca torre
 serve a lui di sepolcro.
 PALMIRA
 Eh! Dove un padre è re, non teme un figlio.
 ORMISDA
 Vorresti ch’io portassi
780fin nel seno di lui ferro omicida?
 PALMIRA
 Così ingiusta non son. Rispetto i sacri
 vincoli di natura.
 Ma di natura è sacra legge ancora
 cercar di non perir. Piacesse al cielo
785che si agitasse il fato
 della sola mia vita;
 io la darei contenta al ben di Ormisda.
 Ma sono madre e oppresso
 meco cadrebbe il caro figlio. È questo,
790questo il mio gran timor. Salvami Arsace,
 dolci viscere mie. Salvami Arsace
 che è pur viscere tue, padre e consorte;
 e se il prezzo io ne son, dammi anche morte.
 ORMISDA
 Mitrane a me. Vanne e sii lieta. In breve
795vedrai se a cor mi sien Palmira e Arsace.
 PALMIRA
 
    In te riposo,
 mio dolce sposo.
 Tu sconsolata
 non mi lasciasti mai partir da te.
 
800   Ma lieto o rio
 destin ti fosse,
 ti resi anch’ io
 amore per amor, fede per fé.
 
 SCENA IX
 
 ORMISDA e MITRANE
 
 ORMISDA
 Mitrane, oggi in Arsace
805abbia Persia l’erede,
 Artenice lo sposo. Il lieto avviso
 nell’amante assicuri i dubbi affetti.
 Persi ed Armeni indi nel campo aduna,
 ove all’atto solenne ognun presente
810giuri l’omaggio e alla mia scelta applauda.
 MITRANE
 Signor, del zelo mio scusa l’ardire.
 A Cosroe tu sei padre.
 ORMISDA
 Son più padre al mio regno ed io gli deggio
 in erede un buon re, non un malvagio.
 MITRANE
815Prove hai di sua virtù; né d’impostori
 son mai scarse le reggie.
 ORMISDA
 Da quest’occhi convinto, io non m’inganno.
 MITRANE
 Ma credi tu che il regno
 soffrir vorrà delle sue leggi il torto?
 ORMISDA
820Me vivo non ha loco
 del successor la legge,
 se non a grado mio.
 MITRANE
 Se scorger vuoi tutto in tumulto e in armi...
 ORMISDA
 Saprà metterlo in calma,
825quando astretto io vi sia, del reo la testa.
 Vanne. De’ tuoi consigli or non ho d’uopo.
 MITRANE
 Il ciel meglio t’inspiri
 o faccia che sien vani i miei presagi. (Si parte)
 ORMISDA
 Fingo costanza; uso rigor; ma sento,
830or regnante, or marito, or genitore,
 da mille affanni lacerato il core.
 
    Son come annoso platano
 che in vista altero e immobile
 sfida dell’austro i sibili;
835ma il rodon tarli e vermini
 che a terra il fan cader.
 
    Questi ori e queste porpore
 pur male il re difendono.
 Egli può far più miseri;
840ma per non esser misero
 egli non ha poter.
 
 Bipartita di portici sostenuti da doppio ordine di colonnati che introducono a’ bagni reali.
 
 SCENA X
 
 ARTENICE, con seguito di armeni, e poi MITRANE
 
 ARTENICE
 Affetti del cor mio, siete infelici,
 sol perché generosi.
 Abbandonar conviene il caro Arsace.
845Lo diceste; e si faccia.
 Entrar può pentimento in sen di amante,
 non in quel di regina.
 MITRANE
 Regina, a novi mali,
 novi rimedi. Il tuo partir da questo
850torbido infausto cielo era poc’anzi
 necessario consiglio alla tua gloria.
 La tua gloria in soccorso
 dell’oppressa innocenza or qui ti arresta.
 ARTENICE
 Che fia ?
 MITRANE
                    Cosroe è prigion.
 ARTENICE
                                                     Per qual disastro?
 MITRANE
855L’odio della matrigna e la perfidia
 di un sedotto vassallo
 colpevole lo fanno appresso il padre.
 ARTENICE
 Di che ?
 MITRANE
                   Di trama ordita
 a danno di Palmira. Ad Erismeno,
860suo accusator, crede l’accuse il padre;
 soverchio amor tanto il trasporta e accieca.
 ARTENICE
 Alla virtù del prence
 è più giusto il mio cor.
 MITRANE
                                            Giustizia eguale
 gli usan satrapi e duci. Ognun ne freme;
865ma nessun osa. Intanto
 Cosroe è in periglio, Ormisda in ira; ed oggi
 vuol che il regno in Arsace abbia l’erede,
 Artenice lo sposo; e per sua legge
 ne reco a te l’avviso, al campo il cenno.
 ARTENICE
870Deh! Che mi narri? Arsace
 oggi al trono paterno? Oggi al mio letto?
 MITRANE
 Sì, qualor tua virtù non vi si opponga.
 Dura impresa al tuo amor; ma se lo ascolti
 di te che si diria? Che fosti il prezzo
875dell’altrui tradimento e ch’ei ti piacque.
 Quegli, cui giova il male,
 n’è creduto l’autor. Con sì rea fama
 qual da’ sudditi amor? Qual dagli estrani
 lode a te ne verria? Qual sovra il trono
880sicurezza per te? Qual per Arsace?
 Cosroe vivo od ucciso
 è ugualmente a temer. Soldati e plebe
 coronato il vorranno o vendicato.
 Io ne tremo per te.
 ARTENICE
                                     Lodo il tuo zelo.
885Accuso il tuo timore.
 Cosroe vuoi salvo? Io pur lo bramo. All’opra
 moverò Arsace e tu disponi il campo.
 Seguanti i miei; ma forza
 si adopri allor che più non giovi ingegno.
 MITRANE
890Nata a regnar, tal ben cominci il regno.
 
    Segui a regnar così sul proprio cor;
 e facil ti sarà
 regger a senno tuo l’altrui dover.
 
    Se in lega e in amistà
895con la virtude ognor fosse il poter,
 pace saria il regnar
 ed il servir piacer. (Si parte seguito dagli armeni di Artenice)
 
 SCENA IX
 
 ARTENICE ed ARSACE
 
 ARTENICE
 Viene Arsace. Sostengami virtude.
 ARSACE
 In sì strane vicende
900di fortuna e di amor, non so, Artenice,
 che sperar, che temer. L’altrui sciagura
 mi fa re, mi fa sposo;
 ma se manca il tuo voto,
 resto misero ancor.
 ARTENICE
                                      Ben temi, Arsace,
905non ch’io fugga quel ben che mi si appresta
 nel tuo possesso. Io fuggo
 la man che mel presenta, empia e tiranna.
 Un figlio si condanna
 sol dell’altro in favor.
 ARSACE
                                         Cosroe fu iniquo...
 ARTENICE
910Tal lo credea chi ’l finse.
 Io l’assolvo e tu stesso
 gli faresti ragion, se non mi amassi.
 ARSACE
 Deh! Che creder poss’io
 di cotesta pietà con cui l’assolvi?
 ARTENICE
915E che pensar degg’io
 di cotesta viltà con cui ’l condanni?
 ARSACE
 Lo condanna un re padre.
 ARTENICE
 Piuttosto un re marito. Odimi, Arsace.
 La sciagura di Cosroe
920può farti re ma non mio sposo. Io t’amo
 col più tenero amore
 e col più generoso.
 Segui l’esempio mio. Trono, cui base
 sia la ruina altrui, più che lusinga,
925ti faccia orror. Cosroe difendi e in lui
 salviam la nostra gloria.
 E comunque di noi disponga il fato,
 rendiamoci più degni,
 io di te, tu di me. Soffriam miseria
930ma non rossor. Vero e durevol bene
 la colpa no, sol la virtù l’ottiene.
 
    Sono amante
 del tuo cor, del tuo sembiante;
 ma se quel reo fosse e vile,
935né men questo io più amerei.
 
    Sii tu forte e poi la sorte
 far potrà ch’io tua non sia,
 non mai torti, anima mia,
 gl’innocenti affetti miei.
 
 SCENA XII
 
 ARSACE, poi PALMIRA ed ERISMENO
 
 ARSACE
940Vergogna, o cor di Arsace,
 che una donna t’insegni ad esser forte.
 Qui vien la madre ed Erismeno è seco.
 Si ascoltino in disparte. Io temo inganni.
 Altri ne udii poc’anzi, allor che tacqui,
945e n’ebbi orror. Sol per soffrire io nacqui. (Nascondesi dietro le colonnate de’ portici)
 ERISMENO
 Ben cominciammo, è vero;
 ma il più resta a compir. Cosroe ancor vive.
 PALMIRA
 Fra ceppi ed impotente.
 ERISMENO
 Ei può sortirne e sue minacce udisti.
 PALMIRA
950Troverà Arsace e coronato e sposo.
 ERISMENO
 Eh! Regina, se l’ ami,
 non lo creder ben fermo in sua grandezza,
 finché Cosroe respiri.
 PALMIRA
 Che far vorresti?
 ERISMENO
                                  Un colpo
955degno della mia fede.
 Dammi il tuo voto; e il prigionier nimico
 ucciderò. Lo custodisce Ostane
 e di Ostane dispor posso a mio grado.
 PALMIRA
 No. Sovente un rimedio
960che troppo è violento,
 in loco di sanar, nuoce ed uccide.
 Il colpo n’esporrebbe al comun odio
 e a quel del re. Ma il re dee farlo; e il faccia.
 Lasciane a me il pensier.
 ERISMENO
                                                Mi acheto e taccio.
 PALMIRA
965Cosroe ben custodisci.
 ERISMENO
 Senza il mio cenno, a tutti
 se ne vieta l’ingresso;
 e forza nol potria, che, se il tentasse,
 lui troverebbe entro il suo sangue involto.
970Tanto imposi ad Ostane e ne ho la fede.
 PALMIRA
 Per te Arsace sarà sposo ed erede.
 ERISMENO
 
    Non sortirà
 di sua prigione
 quel fier leone,
975che ne minaccia,
 e insieme perderà vendetta e vita.
 
    Orror di colpa
 non mi tormenta.
 Timor di pena
980non mi spaventa,
 ch’esser suol fortunata un’alma ardita.
 
 SCENA XIII
 
 PALMIRA ed ARSACE
 
 PALMIRA
 (Quanto è fido Erismeno!)
 ARSACE
                                                   O dei! Che intesi?
 PALMIRA
 Tu Arsace qui?
 ARSACE
                               Così nol fossi e fossi
 o tra i barbari Sciti
985o tra i libici mostri.
 PALMIRA
 Perché?
 ARSACE
                  Povero Cosroe! Empio Erismeno!
 Ahi! Che facesti, o madre? Ahi! Che far tenti?
 PALMIRA
 Intendo. Il tutto udisti.
 ARSACE
 E tanto orror mi si svegliò nell’alma
990che quasi m’increscea d’esser tuo figlio.
 PALMIRA
 Semplice! In tuo riposo
 travaglio e in tua grandezza; e te ne incresce?
 ARSACE
 O piuttosto ti adopri in mia ruina.
 PALMIRA
 Sì non dirai, sovra del trono assiso
995e al fianco di Artenice.
 ARSACE
 No no, quello rifiuto e a questa in odio
 sarò, se l’empie trame io non recido. (Furioso e in atto di partire)
 PALMIRA
 Dove ten vai?
 ARSACE
                            Del perfido Erismeno
 a punir con la morte il tradimento.
 PALMIRA
1000Ingrato! E poi Palmira
 vattene ancora ad accusare al padre
 e in salvando il fratel, perdi la madre.
 ARSACE
 Oimè!
 PALMIRA
                Qui vieni e giura
 di tacer quanto udisti.
 ARSACE
1005Sono a Cosroe germano...
 PALMIRA
                                                 E a me sei figlio.
 ARSACE
 Movati l’innocenza...
 PALMIRA
 Eh! Di cor generoso or non è tempo.
 Giura, diss’io.
 ARSACE
                             Per la salute il giuro
 di Ormisda e per la tua.
 PALMIRA
                                              Giurami ancora
1010di nulla osar contra Erismeno.
 ARSACE
                                                         Il giuro.
 PALMIRA
 Arsace, è un gran difetto
 virtù troppo guardinga.
 Tu del regnar nell’arti
 giovane ancora sei, sei poco esperto.
1015Chetati e all’amor mio lascia guidarti.
 
    Vedi la navicella
 che senza la sua stella
 erra fra rupi e sassi e resta assorta.
 
    Torbida è l’aria e l’onda;
1020ma afferrerai la sponda,
 se presso a me verrai, tua fida scorta.
 
 SCENA XIV
 
 ARSACE
 
 ARSACE
 Giurai ma senza offesa
 del mio dover. La madre
 non mi vedrà spergiuro,
1025non ingiusto l’amante.
 Salverò Cosroe iniquamente oppresso.
 Vincerò il padre e tradirò me stesso.
 
    Che vuoi far, povero Arsace?
 Dei pugnar contra il tuo core.
 
1030   Dei nimico alla tua pace
 cercar danno e amar dolore.
 
 Il fine dell’atto secondo